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Cittadini si uniscono per formare una vigilanza notturna dopo ondate di furti e scorrerie nei locali e nelle case.

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Cittadini si uniscono per formare una vigilanza notturna dopo ondate di furti e scorrerie nei locali e nelle case.

Le sirene di allerta continuano a farsi sentire nel quartiere di Fleming, dove da mesi i residenti vivono nel terrore. Gruppi di ladri ben organizzati hanno preso di mira le abitazioni e i negozi, riuscendo a compiere furti anche nelle prime ore del mattino. Fra furti in appartamenti, razzie nei negozi e automobili rubate, i cittadini si trovano in un clima di crescente abbandono. Nonostante le frequenti denunce rivolte alle autorità, la situazione è diventata insostenibile, spingendo alcuni abitanti a prendere iniziative personali. Fabio Galdino, il presidente dell’associazione Collina Fleming, ha avviato una campagna di raccolta fondi per finanziare un servizio di vigilanza notturna da impiegare nelle strade del quartiere.

Arrivano i vigilantes a Collina Fleming

«Richiediamo maggiore protezione», afferma Fabio Galdino in un’intervista a “Il Messaggero”. Galdino, titolare di un negozio di pigiami e intimo sulla via Flaminia, descrive le gravi difficoltà che il quartiere sta affrontando. Un episodio recente ha coinvolto una BMW disassemblata che ha provocato danni ingenti al proprietario. In qualità di presidente dell’associazione dei commercianti, ha suggerito di reclutare una squadra di vigilantes per monitorare le strade. «In passato, prima della pandemia, c’era una società di vigilanza armata che operava dalle 22 alle 6 del mattino, fornendo sicurezza per tre anni – racconta Galdino – Ho individuato un’altra impresa in grado di offrire nuovamente lo stesso servizio». Tuttavia, affinché l’iniziativa vada a buon fine, è necessario il supporto di almeno 70 negozianti. «Non tutti hanno aderito; molti temono ritorsioni», confessa Galdino. «Nonostante il costo contenuto del servizio, la sicurezza è diventata una questione di vitale importanza e continuo a cercare nuovi adesioni per migliorare la situazione.»

Una piaga di furti

Le esperienze dei residenti rivelano un quadro allarmante: automobili parcheggiate la sera, ritrovate depredate al mattino, con volanti e fanali portati via. Appartamenti svaligiati, negozi assaltati e rapine in pieno giorno sono all’ordine del giorno. Un episodio significativo si è verificato il 24 dicembre, quando una giovane è stata aggredita da due uomini su una moto mentre si trovava in doppia fila nell’auto. Le sue grida hanno messo in fuga i criminali, che avevano minacciato i passanti con un’arma. Scene simili si ripetono in diverse vie del quartiere, contribuendo a creare un’atmosfera di insicurezza costante. «Il nostro quartiere è diventato un vero e proprio supermercato per ladri di automobili e ricambi, aperto dalla 2 alle 5», denuncia Fabio Novelli, un altro residente. La sicurezza sembra non interessare più nessuno.

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Kevin Bonifazi: “Cura tecnica, ritmi e disciplina un mix vincente che ho imparato a Tor Tre Teste”

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Kevin Bonifazi: “Cura tecnica, ritmi e disciplina un mix vincente che ho imparato a Tor Tre Teste”

Kevin Bonifazi, difensore classe ’96 oggi al Sassuolo, ha raccontato a Repubblica la sua gavetta dal quartiere popolare di Roma Est al calcio professionistico, tra sacrifici e una carriera frenata da infortuni. #Calcio #StorieDiSport #Sassuolo #Roma


La scoperta del calcio vero

«Alla Tor Tre Teste ho capito cos’è davvero il calcio». Kevin Bonifazi, difensore classe ’96, oggi al Sassuolo, è cresciuto tra i campi del Lazio. Oltre 170 presenze tra i professionisti, di cui 125 in Serie A. Ma prima di Torino, Spal, Udinese, Bologna, c’è stata Roma Est.

Quando ha iniziato a giocare?

«Da bambino, nel mio paese: Toffia, in provincia di Rieti. A dieci anni mio padre portò me e mio fratello al Tor di Quinto, poi passammo alla Tor Tre Teste. Lavorava su Roma e voleva che giocassimo in una società strutturata. Mio fratello era molto più bravo di me. Io ero normale, diciamo».

Perché anche tu?

«Mio padre chiese di prendere anche me, perché era troppo complicato gestirci in due posti diversi. Il presidente di allora scherzando disse: “Lascialo qua, è grosso, vediamo che sa fare”. Mi misero nella seconda squadra».

E com’è andata?

«All’inizio giocavo poco, a volte nemmeno mi convocavano. Ma l’anno dopo sono arrivato migliorato fisicamente e tecnicamente. In poco tempo sono diventato il capitano».

È stato il momento più bello?

«Più o meno. Giocammo la finale Giovanissimi Nazionali, vincendola 3-0. Ma fu annullata perché facemmo un cambio in più. Le lacrime si sono sprecate».

Poi il passaggio al Siena

«La Tor Tre Teste aveva un accordo che ogni anno prevedeva una prelazione su cinque giocatori. Io ero tra quelli. Ricordo il primo allenamento: eravamo timidi, ma in campo dominammo. Ci presero tutti e cinque».

Quanto ha inciso la Tor Tre Teste in quel salto?

«Tantissimo. Quando sono arrivato a Siena ho capito quanto mi avessero preparato bene. È una società dilettantistica ma lavora come un club professionistico. Ti formano, ti abitua a ritmi, disciplina, cura tecnica. Vai in un club pro e sei già pronto».

Il ricordo più bello?

«Fu una sgridata. Di ritorno da una trasferta, sul pullman intonammo un coro in previsione dell’arrivo all’Autogrill. Un dirigente ci zittì: “Se vi azzardate a prendere qualcosa senza pagare vi mandiamo via e vi denunciamo”. Eravamo ragazzi svegli, ma ci tenevano in riga. La società era molto attenta al comportamento».

Rieti-Roma tutti i giorni, difficile?

«Sì, ma non ci pesava. Io e mio fratello uscivamo di casa alle 8 con la borsa di scuola e quella del calcio. Un chilometro e mezzo a piedi fino alla stazione, 45 minuti di treno, 25 di metro, poi la navetta della società da Ponte Mammolo. Quattro volte a settimana. Tornavamo a casa alle otto di sera. Oggi non lo rifarei mai».

Oggi il Sassuolo, come va?

«Negli ultimi due anni ho subito tre operazioni allo stesso ginocchio e questo ha frenato la mia carriera. Ho scelto di ripartire da una categoria inferiore, ma in una società che lavora da Serie A in tutto. Ieri siamo stati promossi ma mi auguro di vincere il mandato. A livello personale questo per me è un nuovo inizio».

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Tor Tre Teste e il calcio in vetrina: quel che conta è farsi vendere

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Tor Tre Teste e il calcio in vetrina: quel che conta è farsi vendere

In un mondo dove il calcio giovanile sembra più una vetrina per trofei che una fucina di talenti, il presidente D’Adamo ribalta la prospettiva: "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca". Ecco la rivoluzione silenziosa del calcio giovanile. #CalcioGiovanile #RivoluzioneSilenziosa #ProfessionistiDelFuturo


Un Modello Sostenibile

Un modello sostenibile fondato sul mercato e non sui trofei. Il presidente D’Adamo: "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca"


La Rivoluzione del Calcio Giovanile

In un’epoca dove il calcio giovanile è spesso ridotto a una corsa sfrenata per accumulare trofei, il presidente D’Adamo propone una visione alternativa. "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca" Ecco una rivoluzione che potrebbe cambiare il volto del calcio giovanile italiano, puntando sulla crescita dei giovani piuttosto che sulla collezione di medaglie. #CalcioGiovanile #RivoluzioneSilenziosa #ProfessionistiDelFuturo

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