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Il business della benzina a Roma in mano alla ‘ndrangheta: distributori e pompe gestiti dalla cosca Mazzaferro

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Il business della benzina a Roma in mano alla ‘ndrangheta: distributori e pompe gestiti dalla cosca Mazzaferro

Al termine di una complessa indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda), la Guardia di Finanza di Roma ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 25 persone. Tra queste, 7 individui sono stati condotti in carcere, 12 sottoposti agli arresti domiciliari e 6 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Frode fiscale e legami con la ‘ndrangheta

Secondo quanto riportato dalle autorità, le indagini hanno svelato come alcune società abbiano facilitato le attività del clan Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica, nella provincia di Reggio Calabria. In particolare, le aziende utilizzate come prestanome avrebbero messo in atto le cosiddette ‘frodi carosello’ all’Iva. Tali attività di evasione fiscale avrebbero permesso alla cosca di acquisire illegalmente depositi e distributori di carburante nella Capitale.

Operazione della Guardia di Finanza

Il Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (Scico) ha supportato i finanziari nel portare a termine l’operazione. Le accuse mosse vanno dall’emissione di fatture per operazioni inesistenti al riciclaggio e autoriciclaggio, oltre all’occultamento di documenti contabili e la indebita percezione di fondi pubblici.

La tecnica delle ‘frodi carosello’ consiste nell’emissione di fatture con Iva per beni non realmente acquistati. L’azienda prestanome non versa l’Iva, mentre l’acquirente la detrae, creando un indebito credito Iva. Tramite i fondi ottenuti da tali operazioni, il clan è riuscito a espandere le proprie attività su Roma, investendo in distributori di carburante e depositi.

Un’immagine a corredo dell’articolo mostra un distributore di benzina, simbolo del commercio su cui la cosca avrebbe esteso il proprio controllo.

Le autorità continuano a investigare per definire ulteriormente il quadro d’insieme e contrastare questa ramificata attività illecita.

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Roma: blatte ed escrementi di topi sugli attrezzi da cucina, chiuse due tavole calde

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Roma: blatte ed escrementi di topi sugli attrezzi da cucina, chiuse due tavole calde

Access Denied: A Roma chiusura di due tavole calde dopo l’invasione di blatte e topi. Blatte ed escrementi di topi sugli attrezzi da cucina hanno scatenato l’intervento delle autorità. #Roma #Sanità #Cronaca

A Roma, due tavole calde sono state costrette alla chiusura a seguito di un’invasione di blatte e topi. Le condizioni igieniche erano talmente precarie che le autorità non hanno avuto altra scelta se non quella di intervenire immediatamente. La scoperta di blatte ed escrementi di topi sugli attrezzi da cucina ha suscitato un’ondata di indignazione tra i cittadini.

Situazione Igienica Allarmante

Le ispezioni hanno rivelato una situazione igienica allarmante, con la presenza di blatte e topi che hanno infestato gli spazi dove vengono preparati i cibi. Questo ha sollevato seri interrogativi sulla sicurezza alimentare e sulla salute pubblica.

Reazione dei Cittadini

I cittadini romani, già stressati dalle numerose problematiche urbane, hanno reagito con rabbia e delusione. In molti si chiedono come sia possibile che tali condizioni siano state permesse di esistere fino a questo punto. Blatte ed escrementi di topi sugli attrezzi da cucina è una frase che ha fatto il giro dei social, diventando virale e alimentando il dibattito sulla gestione della sanità pubblica.

Intervento delle Autorità

Le autorità hanno immediatamente chiuso i locali coinvolti, ma la questione non si ferma qui. Ora si pone l’interrogativo su come prevenire futuri episodi simili e se ci sia stata una qualche negligenza da parte degli enti preposti al controllo. La situazione richiede un’azione decisa e trasparente per garantire che la sicurezza alimentare non venga mai più compromessa in questo modo.

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Il caso del prete di Viterbo che vende assoluzioni e confessioni per 50 euro scatena polemiche religiose

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Il caso del prete di Viterbo che vende assoluzioni e confessioni per 50 euro scatena polemiche religiose

Il caso del prete di Viterbo che vende assoluzioni e confessioni per 50 euro ha scatenato un putiferio sui social, con commenti che vanno dal sarcastico all’indignato. #Chiesa #Viterbo #Corruzione

Un recente scandalo ha colpito la comunità di Viterbo, dove un prete è stato accusato di vendere “assoluzioni e confessioni per 50 euro”. La notizia, che ha rapidamente fatto il giro del web, ha sollevato un vespaio di polemiche e discussioni, mettendo in luce una pratica che molti considerano non solo eticamente discutibile, ma anche profondamente contraria ai principi della Chiesa Cattolica.

L’immagine che accompagna l’articolo mostra un messaggio di errore di accesso al sito di Fanpage.it, dove l’articolo originale era stato pubblicato. Il messaggio recita: "Access Denied. You don’t have permission to access ‘http://www.fanpage.it/roma/il-caso-del-prete-di-viterbo-che-vende-assoluzioni-e-confessioni-per-50-euro/‘ on this server. Reference #18.556fdd58.1744451943.8723" e rimanda a un link di errore: https://errors.edgesuite.net/18.556fdd58.1744451943.8723.

La reazione del pubblico è stata immediata e variegata. Alcuni utenti hanno commentato con ironia, chiedendosi se fosse possibile acquistare pacchetti famiglia o sconti per le festività, mentre altri hanno espresso un’indignazione più seria, sottolineando come la sacralità dei sacramenti non possa essere ridotta a una transazione commerciale.

La Chiesa locale non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito, ma la vicenda continua a suscitare dibattito, con molti che si chiedono quali saranno le conseguenze per il prete coinvolto e se questo episodio possa portare a una riflessione più ampia sulle pratiche religiose e la loro gestione.

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