Cronaca
Torna la figura dell’addetto agli ingressi, così i costi del business crescono.

Negli ultimi tempi, la presenza nelle strade del centro storico, e non solo, di individui dediti ai check-in presso b&b e affittacamere sembra essersi ridotta notevolmente. Si tratta spesso di immigrati, pagati tra i 10 e i 15 euro l’ora, prevalentemente con compensi non dichiarati, per effettuare il check-in “in presenza” degli ospiti, consegnando le chiavi e raccogliendo documenti da inviare ai gestori per la registrazione sul portale della polizia di Stato. Tuttavia, questo ruolo professionale potrebbe riemergere a seguito della recente limitazione sull’uso delle keybox.
Le soluzioni
Secondo le nuove direttive, non sono più consentite modalità di check-in a distanza tramite strumenti telematici o piattaforme social. Nel contesto attuale, chi gestisce tali operazioni spesso si appoggia a personale poco qualificato che lavora “a cottimo” per diversi stabilimenti nella stessa area, con una conseguente crescita dei costi di gestione per chi affitta le stanze sul mercato degli alloggi brevi.
I problemi
La difficile gestione del check-in online, e pertanto delle keybox, potrebbe avere un impatto significativo sui bilanci di queste strutture ricettive. I gestori esprimono dubbi anche sotto il profilo della sicurezza, poiché l’identificazione, pur essendo in linea con le normative per gli alberghi, non garantisce che le persone che soggiornano siano quelle effettivamente registrate. Restano, inoltre, preoccupazioni sulla possibilità di presentare documenti falsi, difficilmente verificabili dai gestori dei b&b.
Cronaca
Femminicidio a Sula: Ritrovato il cellulare di Ilaria in casa di Mark Samson, che dichiara di averlo dato a sua madre.

SvoltaChocNelCaso: Il killer cambia versione sul telefono della vittima, e la verità è più inquietante di quanto si pensi!
La confessione inaspettata
In un colpo di scena che sta accendendo i riflettori sulle indagini, il killer ha rivelato ai pubblici ministeri di aver passato il telefono della giovane vittima a sua madre, Nors Manlapaz. Questa ammissione ha lasciato tutti a chiedersi cosa altro potrebbe emergere da questa intricata storia di inganni e misteri.
La storia che si sgretola
Prima di questa rivelazione, l’uomo aveva sostenuto di aver gettato il dispositivo in un tombino, una narrazione che ora è stata smascherata come falsa. Gli inquirenti sono in fibrillazione, e i dettagli di questo voltafaccia stanno alimentando speculazioni su possibili nuovi indizi nascosti.Cronaca
L’ex fidanzato e il segreto della valigia misteriosa

MisteroUccisioneARoma Scopri i dettagli scioccanti sul cellulare ritrovato della studentessa uccisa, che potrebbe svelare segreti inimmaginabili! #Roma #Femminicidio #IndaginiSegrete
Il Ritrovamento Scioccante
È stato finalmente ritrovato il cellulare di Ilaria Sula, la giovane studentessa tragicamente uccisa con tre coltellate al collo dal suo ex fidanzato Mark Samson. L’apparecchio, ora sotto sequestro, è stato scoperto a casa di Samson, il reo confesso che ha abbandonato il corpo della vittima in un dirupo nella zona di Capranica Prenestina. Ma cosa potrebbe nascondere questo telefono? Gli inquirenti sono già al lavoro per analizzarlo, alimentando la curiosità su possibili messaggi o prove nascoste che potrebbero cambiare tutto.
Le Indagini in Corso
Intanto, le autorità stanno approfondendo gli esami disposti dalla Procura di Roma sul tablet e sul computer di Ilaria, oltre al cellulare di Samson. I pm, coordinati dal procuratore aggiunto Giuseppe Cascini, contestano a Samson l’omicidio volontario aggravato dalla relazione affettiva e l’occultamento di cadavere. È incredibile pensare a quante tracce digitali potrebbero emergere, rivelando lati oscuri di questa storia che tiene tutti con il fiato sospeso.Il Racconto Drammatico della Madre
«Sembrava un demonio, ho avuto paura che mi facesse del male». Sono queste le parole agghiaccianti di Nors Man Lapaz, la madre di Mark Samson, durante un interrogatorio in Questura. La donna, ora indagata per concorso in occultamento di cadavere, ha descritto le ore successive al femminicidio avvenuto nell’appartamento di via Homs, nel quartiere Africano. Ha sentito i due discutere animatamente quella mattina, e quando ha bussato alla porta, ha trovato il figlio in uno stato terrificante. Tremava e farfugliava frasi confuse, come «se non lo facevo io, ammazzavano me», lasciando intendere un possibile scenario alternativo che gli inquirenti stanno verificando con attenzione. Ma è lei che potrebbe aver aiutato a ripulire la scena del crimine e a infilare il corpo in una valigia, un dettaglio che fa rabbrividire e solleva mille domande su cosa sia davvero accaduto.
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