Cronaca
Scuola, l’istituto Alberti organizza sfilata per aiutare l’ospedale Bambino Gesù: bambini e moda per una buona causa

L’istituto Leon Battista Alberti di Roma si prepara a mettere in scena una sfilata di beneficenza che promette scintille tra moda e solidarietà. Il 10 aprile alle 17.30, al centro culturale "La Vaccheria" nel municipio IX, studenti e star della moda sfileranno per una causa nobile. Il ricavato dell’evento "Microtrame di vita, dalla cellula al tessuto" andrà alla ricerca scientifica e all’acquisto di macchinari per la fondazione Bambino Gesù. Tra i partecipanti, spicca Henrik Folden, direttore della Copenaghen academy of fashion design, che non mancherà di portare un tocco internazionale all’evento. #moda #beneficenza #Roma #solidarietà
La serata all’Università Unint
Non solo l’istituto Alberti, anche l’università Unint ha organizzato una serata di beneficenza con stilisti emergenti del Made in Italy, devolvendo i fondi a sostegno di chi è affetto da autismo. La moda che fa del bene, insomma, è di tendenza.
La sfilata all’istituto Alberti
L’evento, patrocinato dal Comune di Roma, vedrà gli studenti del Sistema moda presentare una collezione che racconta storie attraverso l’abbigliamento, con un editoriale sull’ispirazione dei capi. Sarà distribuito un book fotografico realizzato dagli studenti durante uno shooting presso la Fondazione Bulgari, sotto la supervisione delle professoresse Magistro, Cassandro e Bellomo.
Il dirigente scolastico Vincenzo Lenzoni ha sottolineato l’importanza del progetto: «Questo evento è un esempio di come la moda possa essere un potente strumento di solidarietà e impegno sociale». Commenta, Mariano Angelucci, consigliere di Roma capitale e presidente della commissione Turismo, moda e relazioni internazionali: «La città di Roma è orgogliosa di supportare iniziative che uniscono cultura, arte, sostegno alla ricerca e che testimoniano il grande cuore dei nostri giovani». E aggiunge con un pizzico di ironia: «Organizzare eventi di questo tipo in location prestigiose della nostra città offre agli studenti l’opportunità di esprimersi in contesti istituzionali di grande rilievo, contribuendo a valorizzare il loro talento e a farli entrare in contatto con realtà di alto livello». Insomma, la moda a Roma non è solo glamour, ma anche cuore e cervello.
Cronaca
Kevin Bonifazi: “Cura tecnica, ritmi e disciplina un mix vincente che ho imparato a Tor Tre Teste”

Kevin Bonifazi, difensore classe ’96 oggi al Sassuolo, ha raccontato a Repubblica la sua gavetta dal quartiere popolare di Roma Est al calcio professionistico, tra sacrifici e una carriera frenata da infortuni. #Calcio #StorieDiSport #Sassuolo #Roma
La scoperta del calcio vero
«Alla Tor Tre Teste ho capito cos’è davvero il calcio». Kevin Bonifazi, difensore classe ’96, oggi al Sassuolo, è cresciuto tra i campi del Lazio. Oltre 170 presenze tra i professionisti, di cui 125 in Serie A. Ma prima di Torino, Spal, Udinese, Bologna, c’è stata Roma Est.
Quando ha iniziato a giocare?
«Da bambino, nel mio paese: Toffia, in provincia di Rieti. A dieci anni mio padre portò me e mio fratello al Tor di Quinto, poi passammo alla Tor Tre Teste. Lavorava su Roma e voleva che giocassimo in una società strutturata. Mio fratello era molto più bravo di me. Io ero normale, diciamo».
Perché anche tu?
«Mio padre chiese di prendere anche me, perché era troppo complicato gestirci in due posti diversi. Il presidente di allora scherzando disse: “Lascialo qua, è grosso, vediamo che sa fare”. Mi misero nella seconda squadra».
E com’è andata?
«All’inizio giocavo poco, a volte nemmeno mi convocavano. Ma l’anno dopo sono arrivato migliorato fisicamente e tecnicamente. In poco tempo sono diventato il capitano».
È stato il momento più bello?
«Più o meno. Giocammo la finale Giovanissimi Nazionali, vincendola 3-0. Ma fu annullata perché facemmo un cambio in più. Le lacrime si sono sprecate».
Poi il passaggio al Siena
«La Tor Tre Teste aveva un accordo che ogni anno prevedeva una prelazione su cinque giocatori. Io ero tra quelli. Ricordo il primo allenamento: eravamo timidi, ma in campo dominammo. Ci presero tutti e cinque».
Quanto ha inciso la Tor Tre Teste in quel salto?
«Tantissimo. Quando sono arrivato a Siena ho capito quanto mi avessero preparato bene. È una società dilettantistica ma lavora come un club professionistico. Ti formano, ti abitua a ritmi, disciplina, cura tecnica. Vai in un club pro e sei già pronto».
Il ricordo più bello?
«Fu una sgridata. Di ritorno da una trasferta, sul pullman intonammo un coro in previsione dell’arrivo all’Autogrill. Un dirigente ci zittì: “Se vi azzardate a prendere qualcosa senza pagare vi mandiamo via e vi denunciamo”. Eravamo ragazzi svegli, ma ci tenevano in riga. La società era molto attenta al comportamento».
Rieti-Roma tutti i giorni, difficile?
«Sì, ma non ci pesava. Io e mio fratello uscivamo di casa alle 8 con la borsa di scuola e quella del calcio. Un chilometro e mezzo a piedi fino alla stazione, 45 minuti di treno, 25 di metro, poi la navetta della società da Ponte Mammolo. Quattro volte a settimana. Tornavamo a casa alle otto di sera. Oggi non lo rifarei mai».
Oggi il Sassuolo, come va?
«Negli ultimi due anni ho subito tre operazioni allo stesso ginocchio e questo ha frenato la mia carriera. Ho scelto di ripartire da una categoria inferiore, ma in una società che lavora da Serie A in tutto. Ieri siamo stati promossi ma mi auguro di vincere il mandato. A livello personale questo per me è un nuovo inizio».
Cronaca
Tor Tre Teste e il calcio in vetrina: quel che conta è farsi vendere

In un mondo dove il calcio giovanile sembra più una vetrina per trofei che una fucina di talenti, il presidente D’Adamo ribalta la prospettiva: "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca". Ecco la rivoluzione silenziosa del calcio giovanile. #CalcioGiovanile #RivoluzioneSilenziosa #ProfessionistiDelFuturo
Un Modello Sostenibile
Un modello sostenibile fondato sul mercato e non sui trofei. Il presidente D’Adamo: "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca"
La Rivoluzione del Calcio Giovanile
In un’epoca dove il calcio giovanile è spesso ridotto a una corsa sfrenata per accumulare trofei, il presidente D’Adamo propone una visione alternativa. "La vera vittoria è quanti ragazzi finiscono nei professionisti. Meno i titoli messi in bacheca" Ecco una rivoluzione che potrebbe cambiare il volto del calcio giovanile italiano, puntando sulla crescita dei giovani piuttosto che sulla collezione di medaglie. #CalcioGiovanile #RivoluzioneSilenziosa #ProfessionistiDelFuturo
-
Cronaca5 giorni fa
Nettuno, rissa nel parcheggio: uomo attaccato con un tubo. Denunciato ex vicesindaco Di Magno
-
Attualità3 giorni fa
Roma, “Le agitate” all’Off Off Theatre: storie di donne internate nel manicomio di Roma, uno spettacolo che scuote le coscienze sulla sanità mentale femminile
-
Cronaca3 giorni fa
“Cerco ragazze per una serata tranquilla”: i post di Mark Samson prima e dopo aver ucciso una donna
-
Cronaca3 giorni fa
Cliente denuncia agenzia matrimoniale: presentato un solo uomo, e anche brutto