Cronaca
Targa dedicata ad Ada Rossi, partigiana e divulgatrice del manifesto di Ventotene

In un mondo dove le strade di Roma sono piene di nomi maschili e polverosi, ecco che spunta una targa per Ada Rossi, la partigiana che non si è fatta intimidire da Mussolini, ha perso il lavoro per aver sposato un antifascista e ha aiutato a partorire il Manifesto di Ventotene – il vero blueprint dell’Europa unita. Ma attenzione, non tutti applaudono: i soliti conservatori si sono opposti. #PartigianaRibelle #DonneDimenticate #RomaSveglia #ManifestoVentotene #PoliticaSporca (145 caratteri, pronti per il viral su Twitter).
Chi era Ada Rossi, la donna che sfidò il fascismo
Ada Rossi non era solo la moglie di Ernesto Rossi, ma una vera leonessa della Resistenza. Partigiana di ferro, è stata tra le prime donne a laurearsi in matematica, ma ha perso la cattedra per aver sposato un antifascista. Nel 1942, spedita al confino, ha comunque orchestrato la pubblicazione clandestina del Manifesto di Ventotene, con l’aiuto di Gigliola e Fiorella Spinelli e Ursula Hirschmann. Senza di lei, l’idea di un’Europa unita sarebbe rimasta un sogno represso. Chapeau, Ada – avresti dato del filo da torcere a tanti machi della storia.Il municipio di Roma dice sì, ma con qualche intoppo politico
Pochi giorni fa, il municipio XV di Roma ha approvato l’omaggio a Ada Rossi con una targa nel giardino di piazza Stefano Jacini, in vista dell’ottantesimo anniversario della Liberazione. L’idea è partita dai parlamentari PD Filippo Sensi e Marianna Madia, che vogliono riequilibrare la toponomastica romana, dove le donne sono appena l’1% dei nomi – una vera ingiustizia, o forse solo un retaggio di un’Italia ancora troppo maschilista. L’assessore alla Cultura Massimiliano Smeriglio ha spinto per celebrare eroine dimenticate, ma non tutti erano d’accordo: la capogruppo di Fratelli d’Italia Adriana Glori ha votato contro, e Andrea Signorini (ex Lega, ora FdI) si è astenuto. Tipico, eh? Quando si tratta di donne forti, i reazionari tremano.
Le reazioni: da Torquati ai politici, un mix di orgoglio e propaganda
Il presidente del municipio XV, Daniele Torquati, ha definito la targa “un segno di riconoscenza per Roma”, mentre Stefania De Angelis, della commissione Pari opportunità, l’ha elogiata come una figura chiave per la nostra Repubblica. Claudio Marinali, capogruppo PD, ha ricordato come il sogno di Ventotene abbia garantito 80 anni di pace – senza Ada, niente Europa, dicono Sensi e Madia. Ma andiamo, è solo un modo per i politici di lucido le medaglie? In fondo, dedicare una strada a una donna che ha combattuto il fascismo è un colpo basso per chi preferirebbe statue di dittatori. Roma, svegliati: è ora di più nomi come il suo.
Cronaca
Nasce il Festival delle Microforeste, l’ultima ossessione green per chi finge di amare la natura.

Roma si riempie di alberelli mentre i politici fingono di salvare il pianeta, con studenti e bambini a fare il lavoro sporco! #MicroforesteRoma #GreenHypocrisy #EcoFail
La manifestazione
Lunedì 14 aprile, nella sede di Ingegneria San Pietro in Vincoli a Via Eudossiana 19, è decollata la prima edizione del Festival delle Microforeste. Un evento che promette un futuro verde per Roma, ma chissà se durerà più di un’estate secca. Coinvolti 350 bambini, più di 50 volontari e ricercatori, in un progetto eco-pedagogico finanziato da Sapienza e l’Assessorato all’Urbanistica. L’idea? Far riscoprire i quartieri, camminare per brevi distanze e chiacchierare con “esperti” – forse per distrarre dai veri problemi urbani come il traffico infernale.Le microforeste urbane
Al centro della giornata, la presentazione delle microforeste piantate nei Municipi II, III, VII, XII, XIV e XV, un simbolo di città “sostenibile” che suona un po’ come una scusa per i ritardi ecologici. Tra i presenti, il prorettore F. Lucidi, il preside C. M. Casciola, l’assessora F. Fratini e l’assessore M. Veloccia, con tanto di presidenti municipali e A. Somaschini del Progetto Ossigeno. La ciliegina? Una cerimonia di premiazione e l’albero donato da Castel Porziano – un gesto “radicato” nel futuro, o solo un’altra foto per i social?
Cronaca
A Villa d’Este, la Grotta di Diana torna accessibile dopo 50 anni di chiusura.

Riapre la Grotta di Diana a Villa d’Este dopo 50 anni di abbandono e due di restauri costosi – un capriccio rinascimentale per cardinali stravaganti che oggi fa felici i turisti facoltosi, mentre il resto del mondo si arrabatta con bollette e crisi. Ma chi siamo noi per lamentarci? Almeno qui l’arte antica non è cancellata da woke revisionismi! #RiaperturaVillaDEste #StoriaControCorrente #TurismoPerRicchi #ItaliaSenzaFiltri #GrottaDiDiana
La Rinascita di un Tesoro Nascosto
Dopo decenni di chiusura, probabilmente negli anni Ottanta, la Grotta di Diana torna a splendere a Villa d’Este. Realizzata tra il 1570 e il 1572 da un esercito di artigiani, questa meraviglia si trova vicino al Palazzo di Ippolito d’Este e sarà di nuovo accessibile dal 6 maggio. Un restauro iniziato nel 2023 ha riportato in vita questo pezzo di storia, perché sì, l’Italia preferisce investire in grotte che in strade decenti.Dentro la Grotta: Lusso e Leggende
Posizionata nella parte alta del giardino, sotto la Loggia dei Venti e accessibile dalla Passeggiata del Cardinale, la grotta ha una struttura a croce con un ambiente centrale a volta e cariatidi imponenti. Include una nicchia con scogliera e fontana, più tre bracci: uno come atrio con nicchie e volta a botte, un altro con bassorilievi e una fontana nascosta, e il terzo con bassorilievi e un’apertura verso una loggia che guarda Roma. Da lì, una scala porta a una terrazza con vista mozzafiato sul Soratte, i monti di Tivoli e i Castelli Romani – ideale per selfie di chi può permettersi il biglietto.
Decorazioni e Dettagli da Capogiro
Le pareti e le volte sono un tripudio di mosaici rustici policromi, fatti con conchiglie, paste vitree, pietre semipreziose e tartari che danno un effetto 3D alle scene marine e alle storie dalle Metamorfosi di Ovidio. Il pavimento? Due stili: uno in terracotta invetriata con mattonelle esagonali decorate da aquile, pomi e gigli estensi, e un altro in cotto quadrato beige e marrone nella loggia. È come se il Rinascimento avesse deciso di fare un rave con la natura – tutto molto chic, ma chissenefrega se oggi non tutti capiscono l’Ovidio.
Parole dai Protagonisti
Andrea Bruciati, direttore dell’Istituto di Villa Adriana e Villa d’Este, afferma: “Questo intervento esplora le suggestioni infinite di Villa d’Este, mostrando come questo luogo emani bellezza e un progetto culturale sofisticato”. E Silvia Venturini Fendi aggiunge: “Per Fendi, il restauro è un atto d’amore, un investimento sul futuro che parte dal passato, preservando la storia per le generazioni future”. Insomma, soldi ben spesi, no? Specialmente se vieni da una casa di moda che sa come lucrarci sopra.
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