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Cronaca

Dalla colazione al pranzo veloce, prezzi più bassi del Sud rispetto al Nord: la classifica sensazionale dei risparmiatori

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Dalla colazione al pranzo veloce, prezzi più bassi del Sud rispetto al Nord: la classifica sensazionale dei risparmiatori

🇮🇹 Roma, capitale del caffè economico e delle pizze salate! Il nuovo rapporto Fipe-Confcommercio svela i prezzi che fanno discutere: da 1,12€ per un espresso a 13,47€ per pizza e bibita a Venezia. #Roma #Caffè #Pizza #Economia #Costi #Italia


«Si registra un anno di moderata crescita che vede il consolidamento dei trend positivi osservati nel 2023, ma anche una persistenza di diverse criticità strutturali». Questo è quanto emerso dal Rapporto Ristorazione 2025 di Fipe-Confcommercio sul settore. Il rapporto annuale della Federazione dei pubblici esercizi è stato presentato ieri a Roma, alla presenza del numero uno di Fipe, Lino Enrico Stoppani, del Direttore del Centro Studi Luciano Sbraga e del presidente Inps Gabriele Fava. Il report è stata anche un’occasione importante per comprendere il costo medio di beni e servizi che i cittadini romani sono chiamati a sostenere quotidianamente.

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CAFFÈ

Particolarmente curioso è aver appreso il prezzo medio di una tazzina di caffè, che per quanto riguarda la capitale si attesta a 1,12 euro. Questo dato, riferito al dicembre 2024, elegge Roma come una delle città più economiche dove poter gustare uno dei piaceri più amati dagli italiani che spesso rappresenta anche una sorta di rito. Di sicuro risulta essere molto più oneroso il caffè milanese, con ben 1,18 euro, mentre a 1,21 euro troviamo il caffè di Firenze. Ancora più impegnativo quello di Venezia con 1,24 euro, per arrivare poi alla bottega più cara, quella bolognese: nel capoluogo emiliano la «coffe break» può arrivare a costare infatti fino a 1,27 euro.

Commento: A quanto pare, i romani possono godersi il loro caffè senza dover ipotecare la casa.

CAPPUCCINO

I romani, rispetto agli abitanti degli altri grandi centri italiani, non possono lamentarsi neanche del cappuccino. Anche in questa speciale classifica i bar della città eterna sono i più vantaggiosi visto che richiedono in media 1,32 euro per poter preparare la giusta miscela di latte e caffè. Non esattamente la stessa cosa se ci si sposta più a nord: la vicina Firenze è a 1,43 euro mentre a Milano bisogna spendere 1,57 euro. Rispondono in modo ideale le città di Venezia e Bologna, maggiorate rispettivamente di sette e sei centesimi in più. In questa «gara», spicca in modo particolare il cappuccino napoletano: nei bar partenopei il costo medio registrato è di 1,76 euro.

Commento: Il Sud Italia vince la gara del cappuccino più caro, ma a Napoli è quasi un affare culturale.

PIZZA E PANINI

Messa da parte la colazione c’è da pensare al secondo pasto della giornata: il pranzo. A volte bisogna accontentarsi di un qualcosa di pratico e veloce come un buon panino. Ed è proprio il prezzo di questi a essere preso in esame in una delle tabelle di Fipe. In questo caso non è Roma a risultare la città con meno pretese, visto che il costo è di 3,68 euro. Napoli ad esempio si attesta a 3,44 euro mentre a Firenze risulta ancora più in basso con 3,02 euro. Decisamente più salato il sandwich milanese che troviamo in vetrina ad una media di 5,40 euro. E se invece del panino ci si volesse concedere una pizza e una bibita? In questo caso a Roma bisogna prepararsi a una spesa di 10.79 euro, leggermente maggiore rispetto a Napoli dove sono sufficienti 9,63 euro. Anche qui, è nell’Italia settentrionale che si registra un aumento della spesa: a Firenze per togliersi questo sfizio culinario occorrono 12,70 euro, a Bologna 11,8 mentre a Milano 12,97. La città più cara nel «campionato delle big» è senza dubbio Venezia, dove per consumare la «combo» si è invitati a mettere sul bancone 13,47 euro.

Commento: Venezia si conferma la città dove anche una pizza diventa un lusso. E dire che l’acqua alta non è l’unico problema lì!

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Cronaca

Bambino di un anno lasciato solo in auto: i carabinieri intervengono rompendo il vetro per liberarlo

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Bambino di un anno lasciato solo in auto: i carabinieri intervengono rompendo il vetro per liberarlo

Una madre kazaka lascia il suo bimbo di 1 anno a “cucinare” in auto per portare l’altro a calcio: i carabinieri intervengono, sfondano il finestrino e salvano il piccolo da un bel guaio. Ma davvero pensare che qualche minuto basti? #FailGenitoriale #RomaPazza #BambiniInPericolo #ScandaloMamma #ViraleRoma (152 caratteri)

Il drammatico salvataggio

Un bambino di appena un anno è stato lasciato da solo in un’auto parcheggiata e chiusa a chiave, con i finestrini alzati e nessun modo di uscire. La scena si è svolta in pieno pomeriggio, e per fortuna un passante ha notato il piccolo in evidente difficoltà, allertando i carabinieri. I militari non hanno perso tempo: hanno rotto il vetro dell’auto, liberato il bimbo e atteso l’arrivo della madre. Insomma, un intervento da eroi contro una distrazione che poteva finire male – perché chi lascia un toddler al forno su quattro ruote merita un premio Darwin?

La spiegazione della madre

La donna, di nazionalità kazaka, ha ammesso ai carabinieri di aver lasciato il figlio da solo “per qualche minuto” mentre accompagnava l’altro figlio alla scuola calcio. La vicenda è accaduta martedì 15 aprile in via Vigna Fabbri, vicino alla polisportiva De Rossi, nella zona di Furio Camillo. Ma attenzione: alcuni testimoni giurano che l’assenza sia stata ben più lunga di quanto dichiarato. Insomma, tra una palla al piede e un bimbo dimenticato, pare che la mamma avesse le priorità un po’ confuse – chissà se stava seguendo un corso di genitorialità “creativa”.

Le azioni successive

I carabinieri, non del tutto convinti dalla versione della madre, hanno informato l’autorità giudiziaria per approfondire l’accaduto. Il bambino, una volta estratto dall’auto, è stato affidato di nuovo alla donna. Ma questa storia ci fa pensare: in una città caotica come Roma, lasciare i figli in balia dell’asfalto bollente è un’idea geniale o solo una scusa per non badare al resto? I dettagli emergono, e chissà se finirà in un meme virale o in tribunale.

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Strage di Fidene: oggi la sentenza per Claudio Campiti

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Strage di Fidene: oggi la sentenza per Claudio Campiti

È arrivato il momento della verità per Claudio Campiti, il tizio che ha fatto una carneficina uccidendo quattro donne – tra cui l’amica della nostra premier Giorgia Meloni, Nicoletta Golisano – e tentando di far fuori altre, rischiando ora l’ergastolo per questa follia. Tre anni dopo la strage di Fidene, lo Stato si sveglia dal suo solito torpore, ma chissà se pagheranno davvero tutti i responsabili. #StrageFidene #GiustiziaAllaMeloni #ErgastoloSubito #FailDelloStato

La strage e le vittime

Claudio Campiti è accusato di aver scatenato l’inferno a Fidene, massacrando Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis, mentre provava a finire altre quattro donne. Rischia l’ergastolo per questi omicidi brutali, con la procura che lo dipinge come un pazzo organizzato. Intanto, i familiari delle vittime, come il marito di una delle donne uccise, urlano al mondo che lo Stato ha calpestato il loro dolore con la solita burocrazia inefficiente.

Il piano diabolico e la fuga fallita

Campiti aveva architettato tutto nei minimi dettagli, furbo come un criminale da film: l’11 dicembre 2022, ha deciso di sfogare la sua rabbia contro i vicini del consorzio Valleverde, durante una noiosa riunione di condominio. Ha rubato una Glock 41 dal poligono di Tor di Quinto, completo di caricatori extra, coltelli e persino un piano per scappare all’estero. I carabinieri e il pm Giovanni Musarò hanno smontato questa follia omicida, ma ci si chiede come diavolo sia potuto succedere in un paese dove le armi volano via come noccioline.

La difesa gioca la carta del disturbo mentale

La difesa di Campiti chiede l’assoluzione per vizio totale di mente, sostenendo che soffre di un disturbo delirante persecutorio, che lo renderebbe incapace di capire cosa sta combinando. Insomma, un modo elegante per dire: “Non è colpa sua, è matto”. Ma suvvia, in un mondo dove tutti hanno un problema mentale per scampare alla galera, questa scusa non puzza un po’ di lavaggio?

Gli altri imputati e le falle del sistema

Non è solo Campiti a finire sotto accusa: Bruno Ardovini, ex presidente della Sezione tiro a segno nazionale di Roma, e Giovanni Maturo, un dipendente del poligono, rischiano rispettivamente 4 anni e 1 mese e 2 anni di carcere per aver chiuso un occhio su quelle armi. Dieci mesi prima della strage, la polizia aveva già segnalato buchi grossi come crateri nel poligono di Tor di Quinto – incidenti come suicidi e furti d’armi ignorati – ma nessuno ha mosso un dito. “Una svista”, dicono, come se gestire armi fosse una passeggiata al parco. Ecco la vera domanda: chi paga per queste magagne dello Stato?

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