Cronaca
Marco Mouly, arrestato il genio della truffa: sua la frode del secolo sulla carbon tax, un disastro per il contribuente.

Marco Mouly, il noto "re delle truffe" protagonista della serie Netflix The Kings of Scams, è stato arrestato a Roma dopo mesi di latitanza. Scopri come è finita la sua fuga con un mandato di arresto internazionale. #MarcoMouly #ReDelleTruffe #Interpol
Specializzato in frodi, raggiri e coinvolto in diversi casi giudiziari legati alla criminalità organizzata franco-israeliana, Marco Mouly, l’imprenditore noto alle cronache giudiziarie e conosciuto grazie alla fortunata serie di Netflix come The Kings of Scams, il “re delle truffe”, è stato arrestato a Roma. Gli agenti della polizia di frontiera dell’aeroporto Leonardo da Vinci di Fiumicino lo hanno intercettato appena sceso da un volo proveniente da Israele. Condannato dal tribunale francese a tre anni per frode e insolvenza fraudolenta, è ora detenuto nel carcere di Civitavecchia in attesa di estradizione.
IN CELLA
«Sono una persona famosa, un vip: avete una cella singola per me?», si è presentato così il re delle truffe agli agenti di polizia dello scalo romano. Durante la perquisizione, nascosto dentro una scarpa, gli agenti hanno trovato anche un secondo passaporto falso. Secondo gli investigatori, Mouly era pronto per lasciare l’Italia nel giro di poche ore. La Capitale sarebbe stata dunque solo un’altra tappa nel suo piano per far perdere le proprie tracce. Una fuga annunciata negli scorsi mesi.
Raggiunto da un mandato di arresto e da una nota rossa dell’Interpol da novembre, Mouly aveva giustificato la sua fuga denunciando il sistema giudiziario. «Il procuratore finanziario ha rovinato il caso. Sono stato condannato a tre anni, mentre altri avrebbero ricevuto otto mesi sospesi», aveva dichiarato al quotidiano francese Le Parisien lo scorso gennaio, mentre postava selfie a Tel Aviv. Già condannato nel 2016 a otto anni di carcere (e un milione di euro di multa) nel caso IVA sui diritti di inquinamento, lo scorso settembre era arrivata a Parigi una nuova sentenza con il divieto permanente di gestire un’azienda. L’imprenditore era diventato noto per il suo coinvolgimento nella vicenda della “carbon tax”, organizzando la propria insolvenza per evitare di pagare pesanti multe. Come avevano accertato i giudici francesi, nel 2010 “Marco lByType” si era appropriato di centinaia di milioni di euro dal governo francese, denaro guadagnato con le frodi carosello tramite l’EU Emissions Trading Scheme. Nello specifico, una frode da 283 milioni di euro grazie a un sistema ben rodato: Mouly e i suoi compari acquistavano quote di carbonio da aziende inquinanti a un prezzo esentasse per società fittizie con sede all’estero, per poi rivenderle in Francia aggiungendo l’IVA ma senza versarla al fisco. Considerando la sua condanna troppo dura, il truffatore, uno dei tanti dietro quello che è stato considerato come il “crimine del secolo” della Francia, era già riuscito a fuggire dal paese senza passaporto, trascorrendo le sue prime settimane in fuga come vacanziere milionario in giro per l’Europa, con l’intenzione di chiedere asilo in Israele: Mouly aveva trascorso i successivi cinque mesi in 14 paesi diversi, finché non era stato arrestato dall’Interpol a Ginevra.
Il re delle truffe, aveva iniziato la sua carriera negli anni ‘80 a Parigi nel mondo della pubblicità. Già negli anni ‘90 Mouly era comparso in diversi casi, tra cui uno per furto e sei per frode. E condannato per la prima volta nel 1993 a 13 mesi di carcere con sospensione della pena. Quindi l’ascesa: nei primi anni del 2000, entra nell’affare della frode dell’IVA, acquistando e rivendendo apparecchiature telefoniche o informatiche. Infine il coinvolgimento nella “carbon tax” che gli aveva fruttato milioni di euro.
Commento: E così il signor Mouly pensava di poter sfuggire alla giustizia come se fosse una star di Hollywood in fuga. Ma a quanto pare, nemmeno un vip del crimine può evitare una cella a Civitavecchia. Chissà se avrà finalmente imparato la lezione o se preparerà la prossima grande evasione.
Cronaca
Dalla zona dei ricconi al Vaticano: la mappa dei privilegi

Il vice di Trump, JD Vance, sta riducendo Roma a un caos totale con la sua visita, bloccando strade e mandando in bestia i romani già sfiniti dalle feste pasquali. #RomaSottoAssedio #VanceIlTrafficone #CaosMadeInUSA
Le strade di Roma sono nel pieno del pandemonio, con sirene assordanti e clacson che suonano come in un film d’azione di serie B, tutto per colpa del vicepresidente USA James David Vance e della sua scorta esagerata. I romani, già alle prese con il traffico della Settimana Santa, stanno perdendo la pazienza e imprecando contro chiunque osi intralciare la loro giornata.
LE ZONE
Il quartiere più colpito è quello tra Parioli e Pinciano, dove Vance alloggia nella lussuosa residenza dell’ambasciatore USA a Villa Taverna. Da ieri, le strade sono un disastro: chiuse, deviate e piene di divieti di sosta che costringono la gente a parcheggiare dove capita, peggiorando il blocco totale. “Non si può vivere così da giovedì”, si lamenta Caterina, una residente, sperando che Vance e la sua famiglia se ne vadano presto. Ma lui resterà fino a domenica, con piani per visitare il Vaticano oggi, poi il Centro con Pantheon e Colosseo, e una tappa a Tivoli prima di filarsela da Ciampino.
LE REAZIONI
I romani non le mandano a dire: “Niente contro Vance, ma visitare Roma durante la Settimana Santa è come gettare benzina sul fuoco”, sbottano molti. Ieri, la Via Crucis al Colosseo ha aggravato il casino, con code infernali intorno al Vaticano e nel Centro. Franca, bloccata nel traffico con la sua Smart, ha urlato: “È troppo! Ho perso mezz’ora per 2 chilometri”. Altri, come Guido, hanno dovuto abbandonare l’auto e noleggiare una bici per arrivare al lavoro. “Bloccare il trasporto pubblico per un tizio? Inammissibile”, ringhia Mario, incastrato sul suo autobus. La rabbia è palpabile, con deviazioni e fermate sospese che rovinano la giornata a tutti.
LE FORZE IN CAMPO
Per gestire questo macello, la polizia locale ha sguinzagliato oltre 400 agenti, di cui più di 100 solo per gli spostamenti di Vance. Oggi ne arriveranno addirittura 250. Certo, i numeri dovrebbero aiutare, ma ieri il caos regnava sovrano. Tra la folla, però, non tutti imprecano: alcuni bambini si sono entusiasmati vedendo il corteo di auto con lampeggianti e bandierine USA, trovandolo quasi uno spettacolo. Chissà se basterà a placare la rabbia dei grandi.
Cronaca
Consulente imbroglione condannato per bancarotta

Gianfranco Lande, il “Madoff dei Parioli”, ha incassato un’altra batosta: condannato a 5 anni per bancarotta distrattiva, dopo aver fatto sparire 24 milioni di euro dai portafogli di 247 ingenui investitori. Questo tizio ha truffato VIP come Sabina Guzzanti e calciatori, e ora si becca pure una ex compagna nei guai. Che genio, eh? #TruffeItaliane #MadoffParioli #FinanzaSporca
La Nuova Condanna
L’ex re dei Parioli, Gianfranco Lande, è stato sbattuto in tribunale per l’ennesima volta e condannato a 5 anni per bancarotta distrattiva legata al crack della Dharma Holdings, con sede a Lussemburgo. I suoi trucchi hanno fatto evaporare 24 milioni di euro, soldi affidati da 247 investitori che ora si staranno pentendo di aver creduto a un tizio che sembra uscito da un film di truffatori. Insieme a lui, la sua ex compagna Raffaella Raspi ha preso 4 anni per la stessa accusa. Franco Pedrotti e Nicola Serlenga? Liberi come l’aria, assolti. Ma dai, chi se lo aspettava?Le Accuse
Questi quattro erano accusati di aver distratto una montagna di soldi – parliamo di almeno 24 milioni di euro – senza un motivo economico valido. Lande, da presidente della Dharma Holdings tra il 2001 e il 2011, e Raspi come amministratrice, hanno spostato fondi a destra e a manca: oltre 11 milioni finiti a investitori che non c’entravano niente con la società, quasi 700mila euro a entità fantasma legate a Lande, e pure 215mila euro dritti nelle sue tasche. Insomma, un bel banchetto a spese degli altri, con Pedrotti e Serlenga che se la sono cavata come “preposti” alla sede italiana. Patetico, no? E il fratello di Raspi? Ha patteggiato solo sette mesi – che affare!
L’Assoluzione
Per fortuna (o sfortuna), tutti e quattro sono stati assolti dall’accusa di bancarotta fraudolenta documentale, perché pare che i documenti fossero lì, belli visibili, e non così nascosti come sosteneva l’accusa. L’avvocato di Lande, Federico Sciullo, gongola e blabla sulla “verità” che emergerà in Appello, dicendo che il suo cliente non è mai scappato e ha sempre collaborato. Ma dai, come no? Con 300 milioni già spariti in passato, questo tizio è un maestro nel rigirare la frittata. Chissà se in Appello cambierà qualcosa o se continuerà a farla franca.
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